ARCHIVIO “IO C’ERO”

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i racconti delle esperienze vissute sui campi gara


 di Riccardo De Anna:

Il mio primo olimpico, Idroman: 1500mt nuoto, 40 km bici con 1300 mt di dislivello, 10 km di corsa.

 

L’avventura comincia il sabato prima della gara dove vengo messo già a dura prova dal viaggio.
Arrivato ad Idro sono spaesato ma presto raggiungo il campeggio, monto la tenda e vado a ritirare pacco gara.
Un occhiata al lago, briefing del giorno prima ed è già ora di cena: pizza e poi dritto in branda.
Ore 5.30 sveglia, partenza gara prevista alle 8.30.
Poggiata la sacca al deposito borse faccio un pò di riscaldamento in bici sul percorso gara tanto è presto: la strada sale subito, speriamo bene! Aggiungo 10 minuti di corsetta e ci siamo.
L’acqua del lago montano è freddina , quindi tutti in muta.
Tra una cosa e l’altra arrivo a 2 minuti dal via che sto tirando su la zip.
Ed ecco il via, partiti!
Il lago è stretto: si percorre un triangolo per 2 volte senza toccare terra.
Fuori dall’acqua! Contento per avercela fatta: di corsa alla bici e via la muta (che fadiga).
Parto per la bici, la frazione che mi preoccupa meno.
Mi piace la salita ma questa è tosta! Immediatamente circa 8 km tipo Pianezze, raggiungendo i 1000 metri slm.
Poi discesa: stretta, molte curve…il paesaggio è bellissimo…si passa anche in mezzo a un paesino.
Altre rampe, ancora 4 km salendo con tratti al 14% (la velocità lo conferma 8 km/h).
Concludo il giro percorrendo al contrario la salita iniziale.
Tornato in zona cambio infilo calze, scarpe e parto… ma dopo poco sento che le gambe pesano come cemento.
Bisogna andare avanti…e c’è pure una lunghissima passerella in legno da attraversare!
Primo giro andato: “dai che ci sei!” mi ripeto e mi immagino già all’arrivo, così poco alla volta vado avanti.
Finalmente le ultime centinaia di metri in riva al lago tra la gente spaparanzata al pallido sole.
Passerella di arrivo e… taglio il traguardo: evvai!
Primo olimpico, e pure impegnativo, portato a termine!
Il pasta party è un rito obbligatorio e insieme ad un massaggio gratuito è il mio premio di giornata.

Ma la mia gara termina più tardi! Il ritorno, la sera stessa, è un’odissea.
Persa una coincidenza sono costretto a salire in bici per coprire i 23 km che separano Salò da Desenzano.
Fatica su fatica: il caldo, lo zaino come un macigno, la bici che diventa un impiccio, la calca di gente, la ressa per il biglietto del treno… Ma alla fine trionfo e taglio il traguardo di nuovo: casa!

 

Senza dubbio la più bella avventura di quest’estate, un week end che ricorderò per parecchio tempo come divertimento da paura.

 


di Stefano Pian:

Ricordo benissimo che mi avvicinai al triathlon dopo aver visto i campionati italiani in televisione.
Era l’estate 2008 e mi ripromisi di parteciparvi l’anno successivo.
Iniziai a nuotare praticamente da zero e per tutti i giorni, mi feci prestare una Coppi in alluminio che ancora possiedo a ricordo e comprai scarpe da corsa assolutamente inadatte (scarpe da tennis).
Dopo essermi informato e trovato una squadra che mi potesse tesserare, decisi di partecipare al primo triathlon in programma per quell’anno: era il 2009 ed il calendario gare proponeva l’olimpico di Caldaro, a mio avviso il più duro del circuito.

Fatto sta che per quell’evento mi sono allenato per quasi un anno, partendo da zero.
Per l’occasione ricordo di essermi preso il week end libero e sono partito il venerdì sera, prenotato l’albergo e passato la notte al lago.
Il giorno della gara ricordo di essere stato il primo a presentarmi in segreteria.
Ero tesissimo, non sapevo cosa aspettarmi, ritiro il pacco gara e preparo la bici, copiando dagli altri fatto sta che la partenza era prevista per le 14:00, bene io alle 9:30 avevo tutto pronto.
Ci dividono in batterie, io sono in una delle ultime, entriamo in acqua, parte la sirena , è il via.
A nuoto erano 1500 metri, il lago era freddo e la muta obbligatoria.
Subito dopo la partenza mi rendo conto che si trattava di una lotta alla sopravvivenza, ad ogni boa cerco di rimanere a galla e di allungare il passo, esco dall’acqua e mi rendo conto di essere più o meno a metà.
Inizio ad essere felice perché mi rendo conto di non essere il più scarso.
Arrivo in fretta in zona cambio, prendo la bici, il casco e parto, si forma un gruppetto, lo tengo per 30 km poi ad un certo punto (la media segnava 38) parto da solo convinto di farcela, consumo tutte le mie energie in una fuga di 4/5 km poi il gruppo mi riprende, smonto con loro tra gli sguardi della folla che nel frattempo si è formata all’arrivo.
Bene, parto a piedi e scopro che la corsa dopo la bici è un universo di dolori e pessime sensazioni: arranco tra camminare, vomitare, e qualche accenno di corsa fino all’arrivo.
Arrivo nella prima metà classifica, sono felice del lavoro fatto e le mie prime parole sono state:” mai fatta tanta fatica in due ore e mezza”.

 


 

di Simone Tollio:

Il mio esordio è stato il 26 aprile 2009 al 23° Triathlon sprint città di Fumane.
Subito in salita perché, oltre al fatto che non sapevo nuotare ma sapevo rimanere appena a galla, quel giorno diluviava ed era un freddo indescrivibile.
E’ stata un’ impresa arrivare a termine ma ci sono riuscito: all’uscita dall’acqua ho pensato d’essere oltre metà dell’ opera visto il mio handicap nel nuoto.
La gara che ricordo di più è senz’ombra di dubbio il 70.3 di St. Polten in Austria del 2010.
Era il mio primo medio e non mi sarei mai aspettato una così fantastica organizzazione, la cornice di pubblico e il tifo lungo le strade dei paesini austriaci mi rimarranno per sempre nel cuore.
Inoltre ricordo sempre con grande piacere gli X-Terra in Sardegna fatti nel 2011 e 2012: il paesaggio mozzafiato che fa da cornice alla gara mi rimarrà per sempre indelebile nei ricordi.


di Damiano Agostinelli:

La mia prima volta è stato l’anno scorso a Vittorio Veneto sulla distanza di un “Super Sprint” quando ancora non sapevo bene cosa fosse un triathlon e cosa aspettarmi da una competizione di quel tipo.
Arrivato sul campo di atletica dove si sarebbe svolta la gara, mi sono chiesto cosa avessi a che fare io con loro.
Ero circondato da atleti che possedevano bici spaziali ed occhiali fighissimi, mentre io ero li, con la mia bella mountainbike ed il mio casco vinto con la raccolta punti della benzina.
Abbigliamento ed attrezzatura a parte, la cosa che più mi ha turbato è stato quando mi sono avvicinato alla piscina. In quel momento ho sentito aumentare l’ansia e la paura di non potercela fare.
Tutt’ora non ho una buona confidenza con l’acqua, ma l’anno scorso ancora meno visto che avevo smesso di fumare soltanto nove mesi prima ed a stento riuscivo a nuotare per 400 metri di fila.
Ho cominciato a rendermi conto di quello che stavo facendo quand’è arrivato il momento di scriversi il numero con il pennarello.
Non so come mai, ma quella marchiatura sul braccio e sulla gamba e la vista della bici con il numero sotto la sella, mi hanno dato veramente una forte carica.
Da quel momento in poi è stato tutto un mix di emozioni e sensazioni stupende che auguro a tutti di provare prima o poi.
Quel giorno ho concluso la gara con un tempo di 43:00:00 e l’esperienza di quella mattina mi ha preso talmente tanto da ripetermi lo stesso anno in altri due “Sprint” a Lovadina e Jesolo.
E’ una disciplina che ti cattura e, più la pratichi, più ti vien voglia di continuare migliorandoti giorno dopo giorno per poter affrontare sempre nuove sfide.
Mi sento di dover ringraziare una persona in particolare che, con il suo entusiasmo e la sua energia mi ha avvicinato a questa disciplina.
GRAZIE CLAUDIO!
Damiano

 


di Paolo La Placa:

Sono le 4.30, la sveglia suona ma non serve a nulla, è da mezz’ora che mi giro nel letto: finalmente ci siamo, finalmente oggi il mio primo Ironman qui, dove tutto è nato, qui dove anche i cartelli dell’autostrada indicano Roth come il tempio del triathlon.

Colazione abbondante, prendo la pompa e mi avvicino con Enrico e il mio coach, venuto dall’Italia, alla zona

 

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Società sportiva di triathlon, Montebelluna